Due parole con i Covent Garden
I Covent Garden sono una band composta da quattro musicisti provenienti dal pordenonese: Lorenzo, Vittorio, Denis e Thomas. Il progetto nasce da Lorenzo e Vittorio nel 2015, dalle ceneri della classica band da scuole superiori: l’idea iniziale era orientata verso il surf-rock, poi pian piano è avvenuto il cambiamento che li ha portati a scrivere di “cose più nostre”, e a compiere i primi passi seri nel mondo musicale.
Il primo frutto di questa collaborazione è stato l’EP Demantur: cinque brani che oscillano tra note più “grooveggianti” (come nel caso di Higher che portano in Soffitta), e temi più ambient, caratteristici di questo gruppo, interamente autoprodotto. In seguito il gruppo si allarga e trova infine la sua composizione attuale, perfezionando la propria tecnica e la presenza sul palco grazie alla possibilità di esibirsi in locali come Astroclub e il Capitol di Pordenone, e a festival come il Sexto’nplugghed. Ad oggi si dichiarano in fase di espansione, destreggiandosi fra le date live e le registrazioni del prossimo disco in uscita entro fine 2019, di cui sono già state registrate cinque tracce, anche questo come il lavoro precedente, autoprodotto.
Il loro viaggio nella musica deve molto alle influenze di Bon Iver, Sigur Rós, Elliott Smith e Sufjan Stevens, che hanno contribuito in maniera determinante alla scelta di scrivere i testi unicamente in inglese. Questo background nordeuropeo si intreccia, nella loro produzione, alle sonorità e al modo di vivere la musica più tipiche del territorio friulano occidentale, al quale sono molto legati. Questo connubio di stili va a creare quello che durante la chiacchierata in Soffitta è stato anche definito folklore 2.0: “In quello che stiamo facendo adesso c’è molta influenza proveniente dalle nostre radici nel territorio, e quindi viene da sé riversarlo nella composizione, si tratta di un’eredità che abbiamo assorbito nei luoghi da dove veniamo e dove siamo cresciuti, e avviene naturalmente che nel proprio genere emerga la propria terra”.
Per quanto riguarda il percorso che conduce alla creazione di un brano, i Covent Garden raccontano come la spinta iniziale solitamente parte da uno di loro, che porta qualcosa, magari solo un’idea, e la sottopone agli altri: se questa piace si inizia a lavorare tutti insieme, condividendo ogni passo del processo creativo. Si definiscono “ossessivi nella ricerca del suono in studio”, ma altrettanta importanza attribuiscono ai testi, fondamentali sia a livello di significato che di suono: di solito li scrive Lorenzo, ma vi sono spesso eccezioni, e chi compone il testo in genere lo canta. Alla base di questa filosofia c’è l’idea che l’esibizione più sincera e più vera provenga da chi ha creato il testo, poiché questi più di tutti ne comprende pienamente il senso e il messaggio che vuole veicolare.
Infine una loro dichiarazione su ciò che desidererebbero trasmettere al pubblico, secondo Vittorio “Scopo della musica è arrivare a più gente possibile, mi piace l’idea che la gente esca da un nostro concerto e pensi a quello che ha visto e sentito, e che ne esca arricchito”.
Lorenzo invece è più interessato al fatto che il risultato dell’esibizione sia un’esperienza sensoriale quasi spirituale: “Deve esserci una sorta di esperienza sinestetica, non può essere solo musica. Ciò che non mi piacerebbe sarebbe emozionare nel modo sbagliato, anche se ognuno è libero di rielaborare come preferisce l’esperienza”.
in Soffitta portano Higher, tratto dall’EP di debutto Demantur, rivisto e riadattato per il video a 360 gradi.
Foto dei Covent Garden Foto di Giuliana Brigante
Higher
I used to drink
I used to sink
get up on prozac
dying in the sofa
choke up and spit
step off and sit
couldn’t get higher
when the low are the highest
Push on by
barely trying
not to ease the weight
not to leave the days
the things within
seep through your skin
saw you leaving your body
changing shape into something